venerdì 22 febbraio 2008

La mappa e il potere delle ‘ndrine vibonesi - La relazione della Commissione parlamentare antimafia

La forza dei Mancuso e le divisioni all’interno del “locale di Limbadi”.

L’influenza sull’industria turistica della Costa degli dei, i rapporti con le cosche maggiori della Calabria e le proiezioni in tutta Italia attraverso le «batterie» dislocate.

La Commissione presieduta da Forgione delinea anche la geografia delle ‘ndrine che orbitano attorno al clan dominante,dai Lo Bianco a Vibo fino ai Vallelunga sulla delicata fascia delle Serre vibonesi.

Una relazione lucida e chiara quella che la Commissione antimafia presieduta dall’onorevole Francesco Forgione ha realizzato sulla ‘ndrangheta calabrese.

Nello stesso dossier, il paragrafo 6 del capitolo è interamente dedicato al Vibonese e alle sue ‘ndrine. Ne pubblichiamo la versione integrale.

Nella provincia di Vibo Valentia appare incontrastato il predominio dei Mancuso di Limbadi, storicamente legati ai “Piromalli-Molè” di Gioia Tauro. Nel mantenere il rigido controllo delle attività criminali locali si sono ritagliati, negli anni, ampi spazi nel traffico internazionale delle sostanze stupefacenti. Le più recenti risultanze investigative hanno evidenziato che la tradizionale struttura della famiglia, sempre riconducibile allo storico nucleo familiare, si è scissa nella sua compattezza, dando vita a 3 principali ramificazioni, a volte in contrasto tra loro ma munite di autonomia organizzativa, rispettivamente capeggiate da Diego Mancuso, Francesco Mancuso e Cosmo Mancuso.

La potenzialità criminogena della ‘ndrina, nel suo complesso, è comunque confermata. Aree di influenza, oltre che nella provincia di Vibo Valentia, sono nel Reggino e nel Catanzarese, ad Isola Capo Rizzuto (rapporti con gli Arena), a Lamezia Terme (contiguità con il gruppo Cerra-Torcasio-Giampà) e in altre parti del territorio nazionale (in particolare Milano, Torino, Parma), attraverso le cosiddette “batterie”. La pressante azione repressiva che nell’ultimo periodo ha interessato la provincia ha determinato una situazione di accentuata instabilità “incentivando” cosche di minore rilevanza ad inserirsi in spazi tradizionalmente occupati dai Mancuso. Il dato trova riscontro in alcuni omicidi realizzati negli ultimi anni. Anche la recrudescenza degli omicidi è verosimilmente da ricercare nella gestione delle attività economiche connesse alle strutture turistiche e di intrattenimento ubicate sulla fascia litoranea. Nelle aree della provincia a maggiore vocazione turistico-alberghiera, come Tropea e Ricadi, si è evidenziata la famiglia mafiosa dei La Rosa che ha acquisito sul territorio costiero un ruolo predominante – specialmente in relazione al fenomeno estorsivo - forte anche della stretta alleanza con l’articolazione dei Mancuso capeggiata da Cosmo. Essa ha consolidato ed ampliato il suo influsso criminale dal comune di Tropea, paese d’origine della famiglia, nei comuni di Ricadi, Parghelia, Zambrone, Briatico, Porto Salvo, Vibo Marina e Pizzo Calabro, per il controllo della gestione e della manutenzione delle forniture di numerose grosse strutture alberghiere, nel tentativo di imporre gli acquisti presso ditte riconducibili alla cosca. Nel settembre 2006, l’ordinanza di custodia cautelare frutto dell’indagine “Odissea”, coordinata dalla Dda di Catanzaro, ricostruisce l’ascesa della cosca La Rosa di Tropea, satellite dei Mancuso, sotto le direttive dei quali ha esteso la propria influenza nella maggior parte dei comuni costieri del vibonese, gestendo di fatto importanti strutture turistico alberghiere come Rocca Nettuno, Rocca, Garden Resort e la discoteca Casablanca.

Emerge, inoltre dal suddetto provvedimento, la capacità della cosca di infiltrare gli apparati pubblici, anche allo scopo di ottenere indebiti finanziamenti e trattamenti giudiziari di favore, come risulta anche dall’arresto di un giudice del Tribunale di Vibo Valentia e di un tecnico comunale che avrebbe esercitato pressioni su un’impresa. Nell’area in esame si sono inoltre verificati episodi che confermano l’interessamento delle cosche nella gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

In relazione alle proiezioni nazionali dei Mancuso, la loro presenza in Lombardia è ampiamente nota. L’11 giugno 2006, a Seregno, i Carabinieri di Monza hanno rinvenuto un vero e proprio arsenale costituito da numerosi fucili mitragliatori, pistole mitragliatrici, armi comuni lunghe e corte, munizioni da guerra e comuni, bombe a mano ed altro,col conseguente arresto in flagranza di Salvatore Mancusodi Limbadi. Anche il Servizio centrale operativo evidenzia la presenza di “locali” di ‘ndrangheta legati ai Mancuso nella provincia di Como e segnala la zona del Friuli Venezia Giulia come luogo di operazioni di riciclaggio riconducibili alla stessa famiglia. La straordinaria capacità dei Mancuso di infiltrarsi e condizionare la politica e le istituzioni emerge dall’inchiesta denominata “Dinasty 2” del 2006 e relativa al progetto Infratur.

Nella vicenda risalta il ruolo di un magistrato del Tribunale di Vibo quale socio in affari in alcuni investimenti (Il Melograno Village srl) e garante e punto di riferimento delle cosche vibonesi. Un vero e proprio sistema di commistione tra esponenti politici, imprenditori e rappresentanti del clan Mancuso. Le altre organizzazioni criminali operanti in ambito provinciale, sono: nel capoluogo, la famiglia Lo Bianco, guidata da Lo Bianco Carmelo, gravitante nell’orbita del clan Mancuso, dedita alle estorsioni a esercizi commerciali ed imprenditori, all’usura e allo scambio elettorale politico-mafioso. E’ stata, altresì, individuata una costola dell’organizzazione guidata dall’omonimo cugino (cl. 1945), che pur non entrando in netto contrasto con il resto dell’organizzazione, agisce autonomamente sul territorio; nella zona di Sant’Onofrio e Stefanaconi, le cosche Bonavota, con interessi anche nel Torinese, e Petrolo; nella zona di Filadelfia e nei comuni limitrofi di Polia, Maida, Curinga, Francavilla Angitola, Pizzo Calabro, San Nicola da Crissa, Monterosso Calabro, Capistrano, la cosca Fiumara-Anello, nota per essere stata coinvolta nel narco-traffico internazionale, sin dai tempi dell’indagine “Pizza Connection”; nella zona delle Serre Calabre, dove sono soprattutto diffuse le estorsioni in danno degli imprenditori boschivi, principale fonte di reddito della zona, è egemone la cosca Vallelunga (Serra San Bruno, Mongiana, Spadola, Brognaturo, Simbario), ma agiscono e sono radicate anche le famiglie Emanuele-Maiolo-Oppedisano-Ida (Gerocarne, Soriano Calabro, Arena, Dasà, Acquaro, Dinami), avversi ai Loielo-Gallace; Mamone e Nesci-Montagnese (Fabrizia); Tassone (Nardodipace); Oppedisano (Dinami); nel comprensorio del Monte Poro (Comuni di Spilinga, Zungri, Rombiolo, Drapia e Zaccanopoli), la cosca Accorinti-Fiammingo, referente dei Mancuso; nel Comune di Filandari, la cosca, di rilevanza minore, dei Soriano; a Briatico la cosca Accorinti (diversa da quella attiva in Monte Poro, ma ad essa legata da vincoli di parentela); a San Gregorio d’Ippona la cosca Fiarè guidata da Rosario Fiarè, collegata ai Mancuso; a Mileto e San Calogero i Pititto sono i referenti locali dei Mancuso. Di fatto, anche attraverso i legami nei diversi comuni, e le relazioni nei diversi campi di attività sia lecita che illecita, la cosca dei Mancuso esercita una diffusa egemonia su tutta la provincia.




Fonte: Calabria Ora del 21/02/2008

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